29 Dicembre 2024

Associazione Campana Glaucoma

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Glaucoma: pressione oculare e campo visivo secondo la medicina delle evidenze

Il glaucoma è una malattia degenerativa del nervo ottico, a decorso progressivo, che è caratterizzata da alterazioni tipiche della morfologia e della funzione delle cellule gangliari e dei suoi assoni. Nel mondo si calcola che circa 80 milioni di pazienti ne siano affetti ma questo numero non tiene conto di coloro che, pur essendo malati, non sono consapevoli di esserlo. In Italia sono circa un milione gli individui affetti da glaucoma o ipertensione oculare, con la prevalenza che tende ad aumentare con l’avanzare dell’età.

Esistono diversi fattori di rischio riconosciuti in base alla Medicina Basata sull’Evidenza, il più importante dei quali è la pressione oculare (IOP). Accanto all’aumento della IOP, ne esistono altri che facilitano l’insorgenza del glaucoma o che possono condizionarne negativamente il follow-up come per esempio la familiarità, il ridotto spessore corneale, alcune specifiche caratteristiche della testa del nervo ottico, la miopia elevata, la presenza di una peculiare patologia sistemica che provoca la deposizione intraoculare di materiale esfoliativo (PEX), la coesistenza di alterati parametri cardiocircolatori quali una ridotta pressione di perfusione diastolica o di sintomi di vasospasmo, oltre le note malattie quali il diabete e l’ipertensione arteriosa in grado di condizionare negativamente il microcircolo della papilla ottica.
La diagnosi di glaucoma avanzato è estremamente facile ma il problema nasce dal fatto che è proprio in queste forme che qualsiasi approccio terapeutico (medico, laser, chirurgico) risulta di scarsa efficacia per migliorare i gravi deficit visivi che inevitabilmente presentano i pazienti negli stadi avanzati e pre-terminali della malattia.
Nel glaucoma perciò esistono due momenti fondamentali per migliorare il futuro visivo dei pazienti. Il primo è porre diagnosi il più precocemente possibile, al fine di cominciare le terapie idonee per arrestare il danno. Il secondo è individuare quali tra i pazienti con diagnosi certa, siano candidati ad un peggioramento più rapido nel tempo. Da qui nasce il concetto cardine della terapia personalizzata ed adattata alle caratteristiche del paziente (stadio della malattia, aspettativa di vita, valori della IOP, aderenza alla terapia e compliance del paziente).
Negli ultimi anni, grazie anche al lavoro della Medicina basata sulle Evidenze, si sono compresi due concetti importanti: 1) curare il glaucoma non equivale soltanto ad abbassare la IOP e 2) il danno funzionale del glaucoma non consiste nel progressivo restringimento concentrico del campo visivo che è solo uno dei modi con cui si evidenzia la malattia. I danni del campo visivo sono più frequentemente aree più o meno estese di non visione che, progredendo nel tempo, portano a marcate limitazioni del paziente nella vita di tutti i giorni.
Ecco perché per curare il paziente con glaucoma non basta abbassare la IOP: il decremento pressorio deve avvenire nel rispetto della qualità di vita del paziente. Un eccesso di terapia medica (troppe gocce al giorno), o un tardivo ricorso alla chirurgia (quando il campo visivo è irrimediabilmente compromesso), contribuiscono all’irreparabile compromissione della qualità di vita del paziente. In questi casi si instaurano anche spesso sindromi depressive che innescano un corto-circuito vizioso tra diminuzione del visus, handicap nelle attività di tutti i giorni (guidare, leggere, fare le scale).
Il glaucoma, pur essendo una malattia cronica, è perfettamente curabile a patto che per ciascun paziente il trattamento sia indìvidualizzato in base alla forma clinica ed in base alla velocità di progressione della stessa. I moderni trattamenti consistono in terapie che abbassano la pressione oculare e che vengono somministrate per collirio insieme a terapie di neuroprotezione con farmaci in grado di rallentare il peggioramento della malattia. Quando la terapia medica risulti non soddisfacente o perché la malattia continua a progredire o perché il paziente non tollera i colliri, si ricorre alla terapia con speciali laser e/o alla chirurgia con tecniche anch’esse diverse e scelte dal chirurgo in base allo stadio della malattia ed in base anche alla presenza o meno di altre comorbidità oculari.
*Direttore della Cattedra di Oculistica e della Scuola di Specializzazione in oftalmologia dell’Università di Roma Tor Vergata – Specialista di IAPB Italia

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